di Elena Vitali |

In ogni epoca gli uomini sono stati ossessionati dalla paura.

E in ogni tempo, a tutte le latitudini, gli spettacoli d’orrore hanno attirato un pubblico numeroso.

La scena antica risuona ancora dei sogghigni delle Furie e rimane per sempre insanguinata dai delitti di Tieste e Medea.

Nei vasti anfiteatri latini echeggiano tuttora le grida degli spettatori che, avidi di sangue, assistevano ai giochi dei gladiatori e ai massacri dei cristiani dati in pasto alle belve.

L’Antichità ebbe timore degli dei.
Il Medioevo dei diavoli.
Il Rinascimento del veleno.

La Rivoluzione francese mise il Terrore all’ordine del giorno e la ghigliottina a portata di tutti nelle piazze pubbliche.

Caravaggio: Testa di Medea – ©Photo credit: www.wikipedia.org

Da tempo immemore un’atmosfera di cupo terrore aleggia sulla produzione letteraria più disparata:
creature spaventose – vive, morte o tornate in vita – popolano un immaginario collettivo che ha radici lontane e profonde.

Questa sorta di “linea nera è giunta ininterrotta dall’antichità fino a noi traducendosi visivamente,
nelle forme agghiaccianti del cinema
splatter ed horror.

In un panorama così vasto, il riferimento al Théâtre du Grand Guignol è d’obbligo:
quel
piccolo teatro parigino situato in Rue Chaptal che, a partire dalla fine dal 1896,
anno in cui apre i battenti – e per circa sessanta anni, ha fatto del
sangue e del brivido la sua unica ragione di vita.

L’antica sede del Théâtre du Grand Guignol oggi – ©Photo credit: www.wikimedia.org

Pur nella sua originalità il Théâtre du Grand Guignol si mostra debitore verso tutta una tradizione letteraria precedente caratterizzata dal proposito di incutere terrore.

La narrativa gotica, la ghost-story, il racconto fantastico e soprannaturale

Tutto questo prepara il terreno a questo genere che fa della “poetica della paura” la sua essenza.
Alla paura dell’ignoto, che si muove sul piano dell’evocazione e dell’incertezza tra reale ed immaginario, tra allucinazione e verità,
si unisce la paura del diverso, del deforme, del mostruoso e di tutto ciò che sarà individuato come “orrore scientifico”.

Le vicissitudini storico-artistiche del théâtre

oltre ad essere strettamente legate alla frenetica vita spettacolare della Parigi fin-de-siècle, dipendono dall’avvicendarsi nei suoi anni di vita di diversi direttori artistici che, pur accomunati dalla spasmodica ricerca di elementi raccapriccianti, cupi, truci ed orribili, si contraddistinguono per un gusto personale nella messa in scena di testi gran-guignoleschi.

Foto dal backstage, 1937 – ©Photo credit: www.wikimedia.org

Negli atti unici di questo repertorio si trova dunque la costante ricerca di espedienti sempre nuovi
per presentare scene, fatti e avvenimenti che dovevano scuotere il pubblico a tal punto da sconvolgerlo interiormente.

Ogni elemento rappresentato nella sua forma più raccapricciante è studiato per congelare lo spettatore in uno shock totale,
per attanagliarlo con un terrore immobilizzante:
mutilazioni, violenze, torture, uccisioni, scene di pazzia e passione ambientate in manicomi e in cliniche
sono solo alcuni dei temi preferiti dagli autori di Rue Chaptal.

Foto di scena, 1937 – ©Photo credit: www.wikimedia.org

Non è azzardato identificare il Grand Guignol come teatro “militante”,
puntando l’attenzione su come sviluppi questioni di interesse sociale legate ai drammi e alle inquietudini della vita reale
sfruttando la sua capacità di ingrandimento e di presa diretta sul pubblico.

Nello specifico contesto fin-de-siècle, il Théâtre du Grand Guignol
diviene uno “strumento” attraverso il quale timori, turbamenti e minacce affiorano alla coscienza e,
con il semplice atto della rappresentazione e con il ricorso alla “
poetica della paura”,
vengono messe sotto gli occhi di chi ne voglia prendere atto.

“Si andava agli spettacoli del Grand Guignol come ad un avvenimento d’arte. Già all’inizio si era sicuri di tremare fino al midollo e di ridere fino alle lacrime. Le belle signore non potendo dominare i loro nervi durante le scene più terrificanti dei drammi, cadevano svenute.”

Camillo Antona Traversi

in copertina: Foto di scena, 1937 – ©Photo credit: www.wikimedia.org