di Patrizia Ferrando

La moda, se non viene intesa come effimero diktat che impone d’indossare un colore o una foglia d’abito, ma come ambito espressivo lieve e immediato, di scelta di stili e capi da sentire veramente nostri, diventa un potente strumento di libertà.

La libertà della moda risiede nella gentilezza, perché mai sarà segno di autonomia scegliere un outfit che metta a disagio noi o gli altri per inadeguatezza all’occasione, e insieme nel senso di cura attenta, che conduce a trovare qualcosa da mettere che ci rappresenti e ci accompagni.

Oggi, del resto, la possibilità di spaziare fra abiti e accessori, dal vintage al futuribile, dai pantaloni da biker alle ruches di pizzo, offre estrema, e forse non sempre facile, ampiezza di scelta.

I nostri gusti, e la ricerca di quanto ci sta meglio, sono i primi vettori a muoverci verso negozi e armadi.

Eppure molto di quanto indossiamo porta traccia dei cambiamenti di ruolo attraversati dalle donne.

Ancora in termini di libertà, prima di esplorare alcuni esempi di mise emblematiche di cambiamenti femminili, ricordiamo la potenzialità di concederci la frivolezza, senza per questo perdere credibilità e considerazione delle competenze.

concediamoci la frivolezza, senza temere di perdere in credibilità – ©photo credit www.francescapica.com

Da un lato, pensiamo a quanto fosse rigido il cliché della donna in carriera anni ottanta, con il tailleur severo e strutturato, e quasi nessuna concessione di colori accesi o pastello.
Dall’altro, viaggiando ancor più indietro nel tempo, ricordiamo il film di Lubitsch ” Ninotchka”, il classico del 1939 lanciato come la pellicola dove ” la Garbo ride”.
La risata della protagonista segna un lasciarsi andare alla vita contrapposto ai rigori sovietici, però ancor più significativo risulta un indizio di moda.
Ninotchka, con gli occhi imbrigliati di una donna votata solo ad essere funzionario, disprezza i mirabolanti cappellini nelle vetrine di Parigi.
Camminando verso la sua autonomia, sfoggia, poi, proprio un eccentrico copricapo.

l’eccentrico copricapo sfoggiato da Greta Garbo in “Ninotchka” – ©photo credit www.wikimedia.org

Non a caso, i più dirompenti cambi d’immagine femminile
avvengono a ridosso di eventi
che modificano in maniera profonda tutta la società,
in particolare i due conflitti mondiali.

Come sappiamo, durante la prima guerra, molte donne si trovarono a dover per la prima volta lavorare fuori casa, a rimpiazzare gli uomini partiti per il fronte, e, per farlo, abbandonarono molti orpelli che rendevano poco agevole il muoversi e il compiere nuove azioni.

Per noi la scelta di una pettinatura passa più che altro per la forma del viso e i consigli del parrucchiere: ma, poco più di cento anni fa, dopo tempi di quasi venerazione delle chiome chilometriche in stile Elisabetta d’Austria, di boccoli e acconciature complicate, tagliare i capelli a caschetto sapeva di sconvolgente.

Per motivi analoghi di praticità, gli orli delle gonne si accorciarono, e il cappellino a cloche, decisamente più gestibile, sostituì ampie falde con piume e fiocchi rigonfi.
Al ritorno della pace, tuttavia, quelle che sarebbero potute sembrare necessità hanno ormai mostrato il loro potenziale di autonomia, di movimento che rende libere e in grado di scatenarsi.

E così le flappers, scatenate ragazze anni 20, balleranno il charleston agitando chiome alla maschietta e muovendo le gambe non più costrette, perché gli abiti sono corti e sciolti, come mai in precedenza.

tagli alla maschietta e abiti larghi e comodi per le ragazze degli anni ’20 – ©photo credit www.wikimedia.org

Anche il secondo conflitto mondiale, e la sua conclusione, riversano sfaccettature nella storia della moda.
Il caso probabilmente più emblematico è probabilmente il contrasto fra i look Chanel e quelli di Dior.
Già prima della guerra, Mademoiselle Coco aveva rivoluzionato e codificato un modo di vestire che cancellava le damine e spianava il passo delle donne: gli abiti scuri, i tagli semplici, i tessuti pratici, il tailleur.

Il ritorno della pace, per alcuni rappresenta un nuovo e gioioso desiderio di lussi e dolcezze, per altri anche la sensazione che le donne debbano “calmarsi” e ritornare nei ranghi di angeli del focolare e del salotto.

I primi e i secondi vedranno il tripudio di quello che prende il nome di New Look.
Christian Dior rispolvera i vitini di Vespa strizzati dal corsetto, le gonne a corolla, i cappelli ampi, per signorine dal lento e dondolante incedere imposto dai tacchi a spillo.
Coco Chanel, a quel punto sembrava fuori dai giochi, invece tubini e giacche si stabiliranno negli armadi e nei cuori delle donne, perfino come amuleti di sicurezza di sé.

meraviglioso abito Cristian Dior – ©photo credit www.unarmadiopercapello.it

Il resto è storia, come un po’ di storia accompagna ogni nostra immagine, quella che racconta e ci racconta.

In copertina, “moda anni ’80 – ©photo credit www.fashionsecret.it

 

Patrizia Ferrando @misspattina

 

In copertina: L’emblema del look anni ’80. Rosanna Arquette e Madonna nella locandina del film “Cercasi Susan disperatamente” (1985).

©Photo credit: cinquecosebelle.it