di Ornella Candia

Dopo non esser riuscita a leggere “Il serpente piumato” mi sono detta che D.H. Lawrence meritava una seconda possibilità con un altro romanzo. E infatti, è andata molto meglio.

Per dirla tutta, quando andavo all’università Lawrence era uno degli scrittori del programma del 1° anno, ma si trattava di una raccolta di short stories, di cui non ricordo nulla, lette in aula da una docente che aveva un ottimo accento inglese, nonostante la spiccata baresità. Questo invece l’ho scelto dalla piccola libreria che ho in camera da letto (ho quasi 300 libri in camera da letto), un sabato sera autunnale, uno dei tanti in cui il massimo della mondanità era scegliere in quale stanza della casa leggere. Questo romanzo uscì nel 1928 ma fu subito bloccato e solo nel 1960 fu rimesso in stampa. Il motivo della messa al bando fu la trama ma soprattutto la descrizione molto esplicita delle scene d’amore e sesso.

Lui, lei, l’altro, le miniere di carbone, e il grigiore intorno. Un aristocratico finito sulla sedia a rotelle durante la Prima Guerra Mondiale, una giovane colta e moderna ragazza che ha viaggiato prima di sposarsi. Lui è Sir Clifford, lei Lady Constance, ma nel romanzo Connie. E poi c’è il guardiacaccia, Oliver Mellors. Assunto da Clifford, è il classico bel tenebroso, un po’ rozzo, asociale, poco incline alle buone maniere; vive solo in una casetta (forse una capanna, non ricordo bene) all’interno della tenuta. Descritta così sembrerebbe una trama facile, da soap opera. E invece, è una storia di ipocrisia, noia, perbenismo da un lato e amore, riscatto sociale, coraggio dall’altra.

Nelle intenzioni di Lawrence non c’era certo un romanzo rosa/rosso; l’idea era arrivata dalla crisi delle miniere di carbone successiva alla fine della Grande Guerra: una storia di contrapposizione tra classi sociali e di sollevazione dei poveri contro i ricchi, di rifiuto delle regole della società del suo tempo. L’infedeltà coniugale, è mal vista solo perché avviene al di fuori dell’ambiente di appartenenza. Clifford vuole a tutti i costi un erede, ma la sua malattia gli impedisce di diventare padre. Potrebbe persino accettare che la moglie abbia un figlio da un altro uomo, purché rimanga nella sua sfera di appartenenza.

Quello che non può sapere e che una volta scoperto non potrà accettare, è che invece la moglie si innamora di un dipendente della tenuta, insomma non certo un uomo abbiente. Ma sarà proprio questo amore a liberare Connie dal clima arido, cinico e freddo che regna nella sua lussuosa casa e sarà sempre questo amore a liberare Oliver dalla sua corazza di uomo solitario e indifferente ai sentimenti profondi. Chi invece non avanzerà è proprio Clifford, chiuso nel suo mondo che ancora respira rigore vittoriano. L’unico personaggio che sembra imperturbabile, è Mrs Bolton, domestica di Clifford, con il quale ha un legame di fiducia e lealtà.

Mi accorgo che, contrariamente al solito, mi sono spinta un po’ oltre nella narrazione della trama, per cui rimedio e mi fermo qui. Se deciderete di leggerlo, in alcune pagine vi sembrerà di visualizzare chiaramente quello che starete leggendo. E, soprattutto, vi colpirà il linguaggio diretto e come posso dire…Verista?

David Herbert Lawrence, L’amante di lady Chatterley. Feltrinelli editore

@lerighediornella

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