“La Via del tè”: il fantastico viaggio di Robert Fortune

di Renata Giannecchini
Il tè è una delle bevande più consumate al mondo. Forse non tutti sanno che dietro a una tazza di tè si nasconde, però, una storia che è a dir poco affascinante e ricca di intrighi, degni di un film di James Bond.
Breve storia del tè
Le origini del tè si perdono nella notte dei tempi e risalgono al 3000 a.C. Secondo una leggenda, la prima tazza di tè fu sorseggiata dall’imperatore cinese Shen Nong, che aveva lasciato incustodita una ciotola di acqua calda in cui cadde una foglia da un arbusto di tè. Da quel momento questa bevanda è diventata parte integrante della cultura e della tradizione cinese. Per secoli fu coltivato e consumato esclusivamente in Cina, furono i monaci buddisti indiani a portarne semi e piante fuori dai confini dell’Impero Celeste.
In Europa arrivò intorno al 1600, grazie ai portoghesi e agli olandesi. Al tempo si importava esclusivamente tè verde, che veniva usato a scopo terapeutico.
L’abitudine di usare il tè come bevanda si fa risalire intorno al 1662, quando la principessa Caterina di Braganza arrivò in Inghilterra per andare in sposa a Carlo II Stuart. Due secoli più tardi, la Regina Vittoria introdusse ufficialmente a corte il rito dell’afternoon tea, una sorta di spuntino di metà pomeriggio inaugurato da una sua dama di onore, la duchessa di Bedford. Fu così che il tè divenne un rito imperdibile per tutti i britannici.
La Camelia sinensis
Il tè si ottiene dalle gemme e dalle foglie della Camelia sinensis, che appartiene alla stessa famiglia della Camelia japonica. Per anni questa pianta fu oggetto di contenziosi tra cinesi e occidentali che volevano ottenerne l’esportazione. La Cina deteneva il monopolio del commercio del tè e non aveva nessuna intenzione di rinunciarvi. Addirittura, i coltivatori cinesi vendevano ai mercanti europei piante di Camelia japonica, spacciandole per quelle di Camelia sinensis. Fu proprio così che questo bellissimo arbusto da fiore fu introdotto in Europa.

Il tè si ottiene dalle gemme e dalle foglie della Camelia sinensis, che appartiene alla stessa famiglia della Camelia japonica.
Nella prima metà dell’Ottocento, la potentissima Compagnia delle Indie Orientali, che rappresentava gli interessi economici dell’Impero britannico in Asia, era determinata a svincolarsi dal monopolio cinese. Iniziò così a coltivare piantagioni di tè nelle regioni dell’Assam e del Darjeeling in India, che al tempo era un possedimento della Corona inglese. Da queste piantagioni però non si ottenevano i risultati desiderati, sia perché non si conoscevano le tecniche colturali della Camelia sinensis, ma anche perché i cinesi vendevano agli inglesi piante di scarsa qualità.
Nel 1848 la Compagnia delle Indie incaricò così il botanico scozzese Robert Fortune di recarsi nelle province più a nord dell’Impero Celeste. Il suo compito era quello di raccogliere semi e piante delle qualità più pregiate di tè verde e tè nero, da introdurre nelle piantagioni ai piedi dell’Himalaya. Inoltre, Fortune doveva carpire i segreti per la coltivazione della Camelia sinensis. Nel 1843 si era già addentrato nelle regioni settentrionali della Cina per esplorarle e per questo gli fu affidato questo delicato incarico.

Robert Fortune si recò nelle province più a nord dell’Impero Celeste.
Robert Fortune, il cacciatore di piante
Robert Fortune era uno studioso, ma anche un esploratore. Nel dettaglio era quello che veniva definito un cacciatore di piante, vale a dire un botanico che si recava nei luoghi più sperduti del pianeta, alla ricerca di nuove piante da spedire ai vari orti botanici, che le avrebbero catalogate e riprodotte. A lui si deve l’introduzione in Europa di numerose specie botaniche come l’azalea, il rododendro, il caprifoglio, il gelsomino, per citarne alcune.
Sulla Via del tè
Nel settembre del 1848 Fortune partì dal porto di Shanghai per intraprendere un viaggio molto insidioso, ma allo stesso tempo affascinante. Per meglio riuscire nella sua missione, si travestì da ricco mercante cinese, si fece tonsurare le tempie e applicò alla nuca un finto codino. In questo modo non avrebbe attirato troppo le attenzioni dei locali, considerato che gli occidentali non potevano circolare liberamente all’interno dell’Impero Celeste. Infatti, con il trattato di Nanchino stipulato alla conclusione della Prima Guerra dell’Oppio, agli stranieri era consentito muoversi solo in determinate città. Chi avesse trasgredito, lo avrebbe fatto a rischio della propria vita.
Addentrandosi verso i distretti del nord, Fortune attraversò paesaggi dominati da una natura rigogliosa e venne a contatto con la cultura e le tradizioni della popolazione cinese. Rischiò la vita più volte, incontrando numerosi ostacoli sul suo cammino. Nonostante tutto riuscì a raggiungere i distretti del tè verde e del tè Bohea, il pregiato tè nero.

Addentrandosi verso i distretti del nord, Fortune attraversò paesaggi dominati da una natura rigogliosa e venne a contatto con la cultura e le tradizioni della popolazione cinese.
La prima spedizione si rivelò però un fallimento. Dato che i semi del tè non si mantengono a lungo, Fortune decise di farli germogliare dentro a delle cassette di Ward per poi spedirle a Calcutta. Le cassette di Ward erano praticamente delle piccole serre, che venivano utilizzate dai cacciatori di piante per effettuare le spedizioni verso gli orti botanici. Le cassette di Ward proteggevano i campioni vegetali durante i lunghi viaggi in nave, ricreando un microclima perfettamente autonomo. Quando le prime piantine di tè spedite da Robert Fortune arrivarono a Calcutta, alcune delle piccole serre furono aperte, interrompendo il ricircolo di acqua al loro interno. Altre furono danneggiate durante il viaggio verso l’Himalaya. Arrivarono a destinazione pochi e stentati esemplari. Il botanico scozzese era molto ambizioso e determinato e non si perse certo d’animo. Alla fine, riuscì a portare brillantemente a termine la difficile missione che gli era stata affidata. Nelle piantagioni indiane della compagnia delle Indie arrivarono grazie a lui, piante e semi dei più pregiati tè, operai cinesi disposti a lavorare per l’impero britannico, che introdussero tecniche colturali e processi di lavorazione. Inoltre, Fortune fece un’importante scoperta, ossia che esisteva un’unica pianta di Camelia sinensis dalla quale i otteneva sia il tè verde, che quello nero, contrariamente a quello che i botanici del tempo credevano. Scoprì infatti, che il diverso colore dei due tè era dovuto al processo di lavorazione a cui le foglie venivano sottoposte dopo il raccolto.
La fine del monopolio cinese del tè
La missione di Fortune pose definitivamente fine al monopolio cinese del tè e consentì alla Compagnia delle Indie di avviare un fiorente commercio. In patria l’impresa di Fortune fu vista come un’importante scoperta, ma per i cinesi non fu altro che un furto. Si può affermare, che la spedizione di Fortune fu sicuramente il primo caso di spionaggio industriale della storia.

In patria l’impresa di Fortune fu vista come un’importante scoperta, ma per i cinesi non fu altro che un furto. Si può affermare, che la spedizione di Fortune fu sicuramente il primo caso di spionaggio industriale della storia.
Il libro “La via del tè”
Robert Fortune non fece, suo malgrado, più ritorno in Cina. Per il resto della sua vita, portò nel suo cuore il ricordo di quella meravigliosa e stupefacente avventura. Raccolse il resoconto del suo viaggio nel bellissimo libro “La Via del tè”. Una descrizione minuziosa e dettagliata dei paesaggi, della flora e delle popolazioni che l’autore incontrò nella sua spedizione. Un libro che fa immedesimare il lettore con lo scrittore, che si ritrova immerso in un’atmosfera avventurosa, tra le essenze e i colori della tortuosa Via del tè.
Renata Giannecchini @rosapaeonia
Per la foto in copertina Photo credits https://justafiveoclocktea.com/
Per le foto dell’articolo: Photo Credits Pixabay
Maura Moretti
Avvincente e ricco racconto Renée , bravissima!👏🌱🤍🌱