LA PARIGI DELLA “BELLE-ÉPOQUE” – PARTE II

di Elena Vitali
Il periodico illustrato è uno dei più straordinari prodotti della cultura fin-de-siècle. In quotidiani quali Le Courrier français, Paris illustrè, L’Escaramouche, L’Estampe originale, L’Echo de Paris, Figaro illustré, La Revue Blanche, una moltitudine di illustrazioni sapientemente composte, preparate, truccate in vista di un effetto sorprendente, accompagnano articoli che espongono le più inattese attualità.
Parallelamente alla diffusione di numerosi giornali illustrati, si sviluppa una letteratura “colta” che si dedica alla indagine e descrizione dei temi della metropoli contemporanea, della sua “natura” e della sua “vita”.

Il periodico illustrato è uno dei più straordinari prodotti della cultura fin-de-siècle: una moltitudine di illustrazioni sapientemente composte, preparate, truccate in vista di un effetto sorprendente, accompagnano articoli che espongono le più inattese attualità. Photo Credit https://drouot.com/
Il filone vastissimo di libri su Paris e i Parisiens presenta una tipologia ben individuata, dipingendo in una serie di fisiologie viventi gli uomini di quel tempo nei loro diversi ambienti, modi di vivere, condizioni.
L’indice tematico che si può riconoscere quale comune denominatore tipologico di questi “quadri” letterari comprende individui e luoghi: le piazze e le scene di strada, i caffè e i locali di ritrovo, la flânerie, il lavoro, lo svago, i tipi umani, i piccoli mestieri, i venditori ambulanti, i grandi magazzini nascenti.
I Carnets d’enquêtes in cui Zola raccoglie osservazioni e materiali preparatori per i suoi romanzi sono emblematici di questa attenzione verso la rappresentazione del vivere quotidiano.
La nuova dimensione mondiale di Parigi si riflette anche nell’approccio ai temi alla moda del tempo: il piacere, la donna e il divertimento.
L’idea dei facili diletti, della sfrenatezza e della sensualità della vita notturna parigina è l’aspetto più immediato – tutto sommato più superficiale – del mito di Parigi capitale del XIX secolo.
Il settore dell’industria del divertimento si articola in tre fasce distinte: quella altolocata dell’opera, del balletto e del teatro classico; quella di livello medio dell’operetta e del teatro dei boulevards, e quel substratum di forme “popolari” costituito dal “cafè-concert“, dal “cabaret” artistico e dal circo, che formava un’intricata e complessa rete teatrale in continuo cambiamento, alla ricerca di modalità artistiche sempre nuove adatte ad assecondare il gusto del pubblico.

Louis Abel Truchet (1857 – 1918) AUX VARIETES
Proprio il senso di questa interazione stretta tra vitalità edonistica e estrosità teatrale è evidente nell’affermarsi di quella particolare forma di divertimento che è il cafè-chantant, locale in cui i consumatori possono ascoltare musica ed esibizioni di canto. La macchina spettacolare si fa sempre più complessa e articolata. Da una sola pedana per il cantante e un numero esiguo di musicisti, si passa a piccoli palcoscenici all’italiana, in fondo alla sala, con fossa d’orchestra e qualche ordine di palchi. A musicisti e cantanti si affiancano comici, danzatori, acrobati, giocolieri,. illusionisti, andando così a designare uno spettacolo composto da una varietà di numeri artistici.
La collina di Montmartre rappresenta sempre più il centro per gli intrattenimenti popolari. A partire dal 1889, grazie all’intervento di impresari dai molteplici interessi costantemente alla ricerca di nuovi mercati e mode, aprono insoliti e sofisticati ritrovi: il Moulin Rouge, il Moulin de la Galette, il Cirque Fernando, il chiassoso Le Mirliton di Bruant e Le Chat Noir, primo cabaret artistico famoso per le proiezioni su uno schermo bianco di ombre cinesi accompagnate da un commento sonoro – spettacolo certo non trascurabile quale precursore dell’arte cinematografica.

La collina di Montmartre rappresenta sempre più il centro per gli intrattenimenti popolari.
In queste sale da ballo rinnovate la musica più tipica è quella di Offenbach, spiritosa, leggera, brillante, caratterizzata da una verve ritmica che non dà respiro agli ascoltatori e si scatena specialmente nei grandi finali. Lo chaut, il valzer, la quadriglia, il galop e il cancan si impongono quali balli sfrenati – e talvolta scandalosi – dello spettacolo parigino. Le sale teatrali si moltiplicano e vengono prese d’assalto non solo dal pubblico tradizionale ma anche da quello dei nuovi ricchi, dagli stranieri e dai provinciali che si riversano in città sempre più numerosi. Tutti sono attratti dal “mito di Parigi”, che per molti e per lungo tempo si identifica con la “civiltà del piacere”, di cui il teatro è il luogo privilegiato. Ampia è la possibilità di scelta, riguardo sia al genere che al repertorio, offerta dai teatri sovvenzionati e i teatri privati, e ciascuno si affezionava al locale che meglio si adatta al suo gusto e alla sua condizione.

Le sale teatrali si moltiplicano e vengono prese d’assalto non solo dal pubblico tradizionale ma anche da quello dei nuovi ricchi, dagli stranieri e dai provinciali che si riversano in città sempre più numerosi. Photo Credit: https://www.unjourdeplusaparis.com/paris-reportage/boulevard-du-crime
Il pubblico aristocratico frequenta per lo più il Théâtre-Italien, l’Opéra, la Comédie e L’Odèon dove si rappresentava un repertorio tradizionale – tragedia, dramma eroico, dramma storico, commedia classica, dramma e commedia moderna – il borghese l’Opéra-Comique, il Théâtre-Lyrique, il Gymnase e il Vaudeville in cui si recitano la commedia di carattere e di costume, il vaudeville, l’operetta e il melodramma, ed infine i provinciali e il popolo accorrono al “Théâtre du boulevard du Temple“, o meglio “du boulevard du Crime“, come fu ribattezzato per tutti i delitti che si consumavano sulle sue scene.
Tutto il teatro della fine Ottocento è governato dalla logica del vedere, del piacere dell’occhio. Domina ovunque la sala all’italiana, con architettura a ferro di cavallo, palchi, ricca di ornamenti luccicanti. Ma il centro di gravità non è rappresentato dal palcoscenico ma da quanto accade in platea. Lo spettacolo è nella sala e nei palchetti. E così i parigini che come flâneurs consacrano e dedicano il loro tempo a guardare e osservare altri parigini, nell’ambito teatrale appaiono “spettatori- attori che si offrono alla vista di altri spettatori”.
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