Jojo Rabbit, la danza dei bambini

di Gaia Cultrone |
Ho l’insana abitudine di tradurre i film nella mente. Quando vado al cinema e vedo un trailer mi stampo una mini-sinossi nella testa, spesso basata su mie interpretazioni, e da questa stabilisco quanto il film mi interessi.
Con Jojo Rabbit la mia conclusione era stata “è un film che fa satira sul nazismo, dato che il bambino protagonista ha proprio Hitler come amico immaginario.” Ho scelto di vederlo perché so che Taika Waititi è un ottimo regista e anche un validissimo attore, e perché personalmente non ne avrò mai abbastanza di satira fatta bene e su ciò che se la merita, per riflettere e per ridere di qualcosa che ha fatto (anche troppo) piangere.
Mi sbagliavo? No, assolutamente. Avevo visto solo un decimo di ciò che Jojo Rabbit aveva da offrire? Sì, decisamente.

La storia racconta effettivamente della vita di Johannes, giovane di dieci anni in procinto di prendere parte Gioventù hitleriana, esperienza che vive con forte entusiasmo, data la sua cieca devozione al partito. Tale devozione, come si diceva, si esemplifica anche nelle fattezze del suo bizzarro amico immaginario (interpretato dallo stesso regista), che sono proprio quelle di Adolf Hitler.
Le cose non vanno propriamente come Johannes spera: dopo poco tempo infatti il ragazzino riesce a guadagnarsi il nomignolo Jojo Rabbit poiché non riesce ad uccidere un coniglio, e a deturparsi il viso a causa di una bomba a mano mal lanciata. A Jojo vengono quindi affidati incarichi minori, complici anche le pressioni della madre Rosie (Scarlett Johansson), e tra una propaganda e l’altra avviene la scoperta: la donna ha dato rifugio, nella loro casa, a una ragazzina ebrea.

Da qui in poi la storia ha diversi punti salienti che, se raccontati, toglierebbero alla visione tutta la sua bellezza, quindi cercherò di spiegare cosa rende Jojo Rabbit un film imperdibile senza entrare nel dettaglio: innanzitutto, la straordinaria capacità di passare dalle risate (non quelle appena accennate, ma quelle sguaiate) che suscita allo spettatore al pugno nello stomaco che ci rende persino incapaci di piangere, senza una stonatura, senza uno stacco troppo netto. Sicuramente poi sono più che degne di lode anche le abilità attoriali di ogni interprete, sui quali è impensabile non vedere svettare Scarlett Johansson, che in un ruolo non pratagonista mette in scena tutte le sfumature di una donna. Rosie è frivola, coraggiosa, ingenua, autorevole, ironica, saggia, materna, tutto ad un tempo. C’è poi la satira, di cui si diceva sopra, perché di qualcosa che ci fa ridere e ci dà uno spunto per riflettere non se ne ha mai abbastanza.
E poi, come dicevo già nel titolo, ci sono i bambini; perché il film è raccontato dai loro occhi, che sono a tratti ingenui, sì, ma che su una cosa non trasgrediscono mai: sono occhi veri, capaci di sentimenti puri, che non hanno alterazioni se non quelle poste dagli altri. Gli stessi altri che, in alcuni casi, pur non di vedere quegli occhi offuscati, scelgono di sacrificare la propria vita. Sono gli occhi che ci salvano, anche a noi adulti, quando riusciamo a recuperarli da qualche parte, dentro: quelli che ci ricordano che possiamo essere eroi, se dopo tutta quella guerra la sola cosa che vogliamo fare, con passi esitanti e confusi, è ballare.
Gaia Cultrone
Gaia Cultrone (@gaia.cultrone) Mi chiamo Gaia, ho 26 anni e scrivo da prima di rendermene conto. Ho scoperto la mia passione per il cinema dai tempi del liceo, e da allora ho continuato a portarla avanti tramite le recensioni e le mie tesi di laurea. Oggi studio il mondo digitale e spero di diventare insegnante, ma il cinema continua ad essere una necessità, così come scrivere, quindi eccomi!
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