IL CINEMA RACCONTA UN’EPOCA: GLI ANNI VENTI

IL CINEMA DEGLI ANNI VENTI
racconta molto bene quelli che sono i fenomeni sociali, economici e culturali dell’epoca che attraversa.
Ossia l’America dei Roaring Twenties – i ruggenti anni Venti –

THE ROARING TWENTIES ©photo credit Flickr.com/photos/confetta
Il soave canto delle sirene del progresso, dell’industrializzazione,
della velocità dei ritmi quotidiani,
il sano pragmatismo di una nazione giovane e intraprendente,
l’esplosione del jazz,
lo sviluppo dell’Art Déco,
in letteratura l’astro nascente di Francis Scott Fitzgerald (con la pubblicazione, nel 1925, de Il grande Gatsby),
la nascita del movimento delle suffragette, in parallelo con il mutare della moda femminile, dalle acconciature all’abbigliamento.
sono soltanto alcuni di quei fenomeni appena citati che hanno caratterizzato i ruggenti anni Venti
locuzione nata oltreoceano ma presto diffusa anche in Europa per indicare il decennio felice cui pose fine, nel 1929, la Grande Depressione.
Esperienze, stili di vita e di pensiero comuni alla società occidentale, in realtà ancora sospesa tra realtà e utopia, arretratezza e progresso, che vengono splendidamente incarnati nel capolavoro di
CHARLIE CHAPLIN – LUCI DELLA CITTÀ (City Lights, 1931).
Il suo quinto lungometraggio, da lui scritto, diretto, prodotto e interpretato.

CHARLIE CHAPLIN ©photo credit Pixfuel.com
Film nato apparentemente sotto una cattiva stella (Chaplin aveva appena divorziato dalla seconda moglie, mentre sua madre morì nel corso delle riprese), in realtà di grande successo sia al botteghino che fra i critici,
Luci della città esprime con grande maestria lo spirito tumultuoso di quegli anni, la miseria e il desiderio di riscatto.
Le “City Lights” sono, appunto, quelle di una qualunque città americana.
Chaplin sceglie volutamente di non essere troppo preciso, per conferire al racconto quell’afflato universale e simbolico che lo renderà un’opera senza tempo, portatrice di un messaggio sempre attuale.
Per lo stesso motivo, il genio londinese opta per il rifiuto del sonoro, introdotto al cinema nel 1929.
L’aria del tempo, tuttavia, si respira in ogni scena.
La commovente, amara storia dell’incontro tra il vagabondo Charlot e una giovane e bella fioraia cieca che lo scambia per un milionario,

L’incontro tra il vagabondo e la fioraia cieca ©photo credit You Tube – canale Charlie Chaplin
viene ambientata sul tradizionale sfondo urbano di una metropoli americana dell’epoca, con tutti gli elementi della modernità (l’illuminazione elettrica, le automobili)
accostati ai segni ancora evidenti di un passato appena trascorso misero e approssimativo.
Ne è simbolo e incarnazione lo stesso Charlot, l’omino dal cuore d’oro ma poverissimo, che vaga senza meta e senza speranza alcuna di riscatto sociale per le strade caotiche e affollate di un’America divisa a metà:
da un lato la massa dei miseri, impegnati ogni giorno nella spietata lotta per la sopravvivenza,
dall’altro l’oligarchia delle classi più abbienti, ciniche e imprigionate nel loro ottuso egoismo (a cui fa parzialmente da contraltare l’atteggiamento ambivalente ma a tratti amichevole e generoso del milionario tratto in salvo dal vagabondo).
La fioraia che ritroverà la vista grazie al provvidenziale intervento di Charlot,
suo mentore e innamorato segreto, è espressione di una femminilità a metà strada tra passato e presente,
dolce e comprensiva ma anche pragmaticamente sospesa sulla soglia del tempo nuovo che si schiude.

La fioraia – ©photo credit You Tube – canale Roy Export s.a.s
I suoi abiti dimessi ma in linea con il periodo (il vestito morbido dalla lunghezza sopra il ginocchio, la giacchetta di velluto, le scarpe decolleté con il cinturino),
la pettinatura corta e mossa, a onde, la confermano – pur nella sua povertà –
espressione dell’epoca splendida e contraddittoria del Charleston e di Rodolfo Valentino
(ma anche dell’affermazione del fordismo nelle fabbriche, con il meccanismo ripetitivo del lavoro alla catena di montaggio criticato da Chaplin nel 1936 in Tempi moderni).
La dolce fioraa è interpretata dall’attrice Virginia Cherrill, ballerina non molto conosciuta che diede del filo da torcere a Chaplin, il quale la licenziò sul finire delle riprese quando lei candidamente gli chiese una pausa per poter andare dal parrucchiere: venne, poi, riassunta, dal momento che la sostituta Georgia Hale non si rivelò una scelta azzeccata
Impossibile, a questo punto, non citare il finale di City Lights,tra i più belli dell’intera storia del cinema.
All’esordio degli anni Trenta saluta il decennio con il piano ravvicinato del volto di Charlot sorridente di fronte alla fioraia che non solo ha riacquistato la vista, ma lo ha riconosciuto per ciò che è nella realtà:

«puoi vedere, ora?». «Si, posso vedere, ora»: la fioraia riconosce il vagabondo ©photo credit You Tube – canale Charlie Chaplin
«Can you see now?». «Yes, I can see now».
in copertina: CHARLIE CHAPLIN ©photo credit Pixfuel.com
No Comments