I “mai più senza” delle jolies femmes primi novecento

di Manuela Vetrano |
Vittorio Matteo Corcos (Livorno, 1859 – Firenze, 1933) fu uno dei ritrattisti più richiesti tra Ottocento e Novecento. Le sue opere hanno il potere di catapultare l’osservatore indietro nel tempo, facendogli rivivere le magiche atmosfere della Belle Époque. La capacità di Corcos di catturare sulla tela la bellezza femminile, gli fece ottenere a Parigi il soprannome di peintre des jolies femmes. Ma le donne ritratte da Corcos non sono soltanto delle belle statuine. I loro sguardi intensi ce le mostrano provocanti e seducenti, timide e malinconiche, pensanti e un po’ ribelli. Queste jolies femmes dalle variegate personalità hanno tutte una caratteristica che le accomuna: la spiccata eleganza, riflesso delle mode e dei costumi di un’epoca che oggi ci fa sognare ad occhi aperti. E, allora, ecco qualche consiglio per assomigliare alle graziose fanciulle ritratte da Corcos.

Nel dipinto In lettura sul mare del 1910 (utilizzato come copertina del bestseller I leoni di Sicilia di Stefania Auci) la protagonista assoluta è Ada Rotigliano, la figliastra del pittore, che è raffigurata assorta in pensieri forse suggeriti dal libro aperto sulle ginocchia. Ada è vestita tutta di bianco per la stagione estiva e i suoi capelli sono raccolti mollemente in cima al capo in uno chignon. Questa acconciatura si diffuse tra Ottocento e Novecento grazie all’illustratore americano Charles Dana Gibson. La Gibson Girl dalla vita stretta, i capelli vaporosi e rigorosamente lunghi (si tagliavano solo quando ci si ammalava), i vestiti con le maniche a sbuffo e la gonna a campana, rappresentava l’ideale perfetto di femminilità dell’epoca. Per crearlo, Gibson si ispirò a diverse donne ritenute iconiche per la loro bellezza, tra cui la modella statunitense Evelyn Nesbit e l’attrice belga Camille Clifford.
Il cappellino

Dama con cappello di piume. Vittorio Matteo Corcos ©Photo credit: pixabay
Quasi tutte le donne ritratte da Corcos indossano dei vezzosi cappellini. Il bon ton del periodo esigeva che le donne girassero a capo coperto. I copricapi erano ornati da fiocchi e nastri, ma anche da composizioni di piume di fogge e colori diversi. La moda prevedeva che venissero utilizzate piume autentiche e, spesso, sui copricapi facevano la loro comparsa anche gli uccellini impagliati.

Le specie più richieste erano, per citarne alcune, l’egretta, l’airone, il merlo, l’uccello del paradiso. In realtà, dietro a questa apparenza deliziosa si celava una conseguenza assai macabra. L’usanza di decorare i cappelli con le penne degli uccelli divenne un vero e proprio business, che portò alla decimazione di migliaia di volatili, e tramontò soltanto con l’avvento della prima guerra mondiale.
L’ombrellino parasole

Infine, per essere considerate a tutti gli effetti delle jolies femmes, non si deve dimenticare di portare sempre con sé, oltre al cappellino e ai guanti, l’ombrellino parasole. Uno strumento considerato necessario per mantenere la pelle candida ed evitare l’abbronzatura, quest’ultima tratto distintivo di coloro che all’aria aperta lavoravano. Durante il XIX secolo alcuni scienziati scoprirono che i raggi solari avevano un effetto salutare sul fisico, ma fu soltanto negli anni ’20 che esporsi al sole iniziò a diventare di moda. Coco Chanel tornò da una vacanza in Costa Azzurra con la pelle color del miele e, così, l’ombrellino parasole finì in soffitta.
Manuela Vetrano
Torinese, classe 1981, è laureata in Scienze dei Beni Culturali e da anni lavora a Torino come guida turistica, operatore museale, articolista e blogger. Sempre alla ricerca di qualcosa da imparare e scoprire, è un’amante delle epoche passate, dei libri polverosi e delle fotografie in bianco e nero.
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In copertina: Fanciulla in rosa. Vittorio Matteo Corcos
©Photo credit: pixabay
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