di Eleonora Vallin

Tutto iniziò in Toscana, a San Miniato, commerciando cappelli di paglia: un prodotto dalla tradizione toscana e una delle attività tra le più in voga tra ‘700 e ‘800. Siamo sul finire del XIX secolo quando Gabriello Gucci getta, inconsapevolmente, le fondamenta di quello che sarebbe stato un vero e proprio impero del lusso.
In realtà il vero fondatore della House of GUCCI sarà Guccio Gucci, il figlio di Gabriello.
Guccio non ebbe vita semplice. Visse sempre con un macigno sul cuore legato all’angoscia del fallimento imprenditoriale: ciò che era capitato a suo padre e di cui ne aveva subito le conseguenze. Ma da ragazzo ebbe la forza di fuggire e ripartire dal nulla, da emigrato e lavapiatti. E fu proprio a Londra, lì nell’hotel dove si ritrovò ascensorista, che apprese – semplicemente osservando – cos’era il lusso e quanto la borghesia europea viaggiatrice e facoltosa fosse disposta a pagare per “una qualità che resiste ben oltre il prezzo”.

Gucci nasce così: dall’idea di offrire, prima con l’import e poi con l’artigianalità della bottega toscana, una valigia di alta qualità a chi era disposto a ben pagarla.

Il libro di Marcello Albanesi “GUCCI. Un impero del lusso made in Italy” edito da Diarkos è una retrospettiva dell’evoluzione del marchio attraverso i decenni e le amare vicissitudini dell’omonima famiglia.

Per i fashion addicted sarebbe quasi auspicabile partire dalla fine, da pag. 263, quando l’autore sceglie di dare voce ai curiosi retroscena legati alle icone del marchio, tra cui la Hobo Bag, la borsa fagotto da più conosciuta come Jackie 1961. O la “Bamboo Bag in canvas” – tanto amata da Lady D. – che nacque quasi per necessità, in un complesso momento storico italiano, quando l’autarchia fascista spinse i Gucci – che nel frattempo fabbricavano scarpe per l’esercito del regime – a cercare nuovi materiali e soluzioni, oltre la pelle.

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La storia serve sempre a comprendere più a fondo gli avvenimenti; e ci aiuta anche a capire perché uno dei brand del made in Italy è finito in mani francesi, ovvero al gruppo Kering di François-Henri Pinault o perché l’ultimo erede, Maurizio, fu ucciso a colpi di pistola davanti al portone di casa in via Palestro a Milano su mandato della moglie Patrizia Reggiani.
Il libro ripercorre le vicende dal 1923 con la nascita del primo logo a firma Guccio (evolutosi nel 1929 in una doppia GG incrociata, probabilmente a imitazione delle due CC disegnate da Coco Chanel) fino al 2015 con la guida di Marco Bizzarri come CEO e Alessandro Michele stilista, successo a Frida Giannini che aveva preso le redini dopo l’addio di Tom Ford, il texano che nel 1995 fece rinascere Gucci come una Fenice, inondando il brand di glamour ma anche di estrema sensualità fino a portare in passerella un iconico perizoma.

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Quello che è successo dopo il 2015 è in realtà più storia dei giorni nostri e si condensa in due grandi fatti che hanno riportato alla ribalta il marchio: l’uscita nel 2021 del film House of Gucci con Lady Gaga che interpreta Patrizia Reggiani e il clamoroso addio al brand, a novembre 2022, di Alessandro Michele, dopo la sua rivoluzione genderfluid.

Nel volume sono snocciolate diverse curiosità che sarà prezioso ripescare: il lancio del famoso mocassino dopo un viaggio a New York di Aldo (figlio di Guccio), un grande uomo di marketing che, osservando l’upper class americana indossare con disinvoltura una scarpa che in Italia era poco più di una ciabatta, ebbe il genio di nobilitarla inserendo, per la prima volta nella storia della calzatura, un accessorio.
E così nacque il “Jordaan” con il morsetto equestre, per uomo e donna.

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Perdetevi tra le pagine che raccontano della visita della regina Elisabetta al negozio in via Condotti a Roma. O del foulard colorato che voleva acquistare Grace Kelly ma al tempo, Gucci non aveva in assortimento. E così, ispirandosi ai quadri di Botticelli nacque Flora, stampato con oltre 40 diversi pantoni. Ricercate le teste di drago che sono lo stemma di Tom Ford nelle Dionysus e confrontatele con la chiusura a ferro di cavallo di Alessandro Michele. Verificate in che anno le due GG si sono “raddrizzate” (prima erano incrociate).

Sul resto, sull’omicidio ma ancor prima sulle frodi al fisco, i finanziamenti diretti al mercato dei falsi (incredibile ma vero!) le cause e i dispetti che hanno attanagliato questa famiglia (tutti ben illustrati nel volume di Albanesi) preferisco non dilungarmi.
Quello di Gucci è un viaggio straordinario, all’italiana. E, volente o nolente, l’Italia è fatta di genio e sregolatezza.

Eleonora Vallin @eleonoravallin

Per la copertina Photo Credit: Unplash