di Noemi Murgia

Quella della femme fatale è una figura che si associa subito a qualche film noir, magari della Hollywood dei tempi d’oro, quelli tra gli anni ’20 e ’60. Indimenticabili sono Gilda – Rita Hayworth, Kitty Collins – Ava Gardner, Phyllis Dietrichson – Barbara Stanwyck. Meno memorabili, ma non meno fatali, sono Laura Ash/Lily-Rebecca Romijn in “Femme Fatale” e Lorraine Broughton-Charlize Theron in “Atomic Blonde”.
L’ultima in ordine di apparizione è Midge Campbell, interpretata da Scarlett Johansson in “Asteroid City”, il film di Wes Anderson per cui l’uscita prevista nelle sale è il prossimo mese. Capelli corvini, pelle diafana, rossetto rosso. Il personaggio interpretato da Johansson si distingue da tutti gli altri, interpretati da un cast stellare.

La femme fatale, un archetipo antico
Se è facile associare la donna fatale a personaggi da film, si può dire che questa figura sia sempre esistita. L’idea di una donna seducente e pericolosa, che porta alla rovina, o comunque sulla cattiva strada, esiste praticamente in tutte le culture, fin dall’antichità. È un archetipo potente. Basta pensare alla maga Circe, che ostacola il ritorno a casa di Ulisse e i suoi compagni, a Salomè, a Cleopatra, personaggio storico su cui si è romanzato molto.

Indimenticabile Gilda – Rita Hayworth

Ma chi è la femme fatale?
Lo abbiamo chiesto a Fabrizio Casu, docente, studioso e saggista che ha scritto il libro, fresco di stampa, intitolato “Femme fatale. Incanto e crisi della civiltà borghese”, edito da VJ Edizioni.

Cosa l’ha spinta a scrivere un libro sulla figura della femme fatale?
Mi hanno sempre affascinato le figure doppie, liminali. La femme fatale è appunto un personaggio sospeso fra dimensioni opposte: luce e ombra, eros e thanatos, ginecofobia e ginolatria… L’idea di scriverci un libro nasce quindi dall’esigenza di svelarne il mistero e, ovviamente, comprenderne l’essenza.

Qual è per lei la femme fatale per eccellenza?
Non credo esista una donna reale che abbia incarnato appieno la figura della femme fatale, e aggiungo: “per fortuna!”. La femme fatale è infatti, prima di tutto, una costruzione misogina, nata dalla paura dell’Uomo nei confronti del Femminile, e quindi dell’Alterità. Come funziona questo tipo di costruzione? Viene esaltato il fascino di uno stereotipo per poi de-umanizzarlo e demonizzarlo. Ecco perché le più celebri donne fatali vivono sulle passerelle, nei romanzi, nelle poesie, nei quadri e nei film. Una su tutte? La Catherine Tramell di Basic Instinct.

Facendo ricerca per questo libro ha scoperto qualche figura femminile che non conosceva o conosceva poco e che l’ha particolarmente sorpreso?
Durante questo percorso di ricerca ci sono state due figure femminili che mi hanno particolarmente sorpreso: una è Valentine de Saint-Point, la spregiudicata futurista che ha scritto il famigerato “Manifesto della lussuria”; l’altra invece è Lou von Salomé, la bella intellettuale russa che ha fatto innamorare disperatamente Friedrich Nietzsche, Paul Rée e Reiner Maria Rilke … per poi diventare una discepola di Sigmund Freud.

Valentine de Saint-Point, la spregiudicata futurista che ha scritto il famigerato “Manifesto della lussuria”

Da donna, penso che la femme fatale spesso affascini più le donne degli uomini. Forse perché oltre a essere affascinante, una femme fatale deve essere libera. E la libertà affascina, ma fa anche paura. Lei che ne pensa?
La femme fatale è, a mio parere, una personificazione dell’Istinto: ne rappresenta la forza caotica e dirompente ma anche le conseguenze talvolta letali. Quindi le domande che mi sono posto scrivendo questo libro sono le seguenti: seguire il proprio istinto è una forma di libertà assoluta o piuttosto una forma trasfigurata di schiavitù? La libertà può risolversi in una incondizionata e disarmante distruzione di tutto ciò che ci circonda?

La sua prima pubblicazione s’intitola “Madonna, vampira postmoderna”, un saggio sulla regina del pop. Madonna è una femme fatale? O lo è stata, durante una delle sue numerose fasi?
Un aspetto saliente dello stile di Madonna è il metamorfismo: Madonna ha interpretato/esplorato quante più dimensioni possibili della femminilità e, tra queste, ha incarnato per un breve ma intenso periodo, dal 1990 al 1993, lo stereotipo della donna fatale. Ha iniziato vestendo i panni della dominatrice nel Blonde Ambition Tour, passando attraverso fantasie di scambismo nel video di “Justify My Love” per poi terminare con le incursioni sadomaso dell’album “Erotica”, del libro “Sex” e del film “Body of Evidence”, un infelice doppione di Basic Instinct. Un dato interessante è che la “fase da femme fatale” è sicuramente quella della sua carriera che ha suscitato più polemiche. Ai tempi ci fu una vera e propria scissione fra lei e il pubblico di riferimento, che fino a quel momento l’aveva seguita con incondizionato entusiasmo.

La femme fatale è sicuramente una figura da scoprire, affascinante e complessa. Facendo ricerche per scrivere questo articolo ho scoperto che sono numerosi i centri di bellezza che nel loro nome utilizzano femme fatale, prova inequivocabile che per molte le donne l’immagine della donna fatale corrisponde a quella di una donna seducente, dall’aspetto impeccabile, dal look estremamente curato e femminile.

Fabrizio Casu nasce a Sassari nel 1980. Dopo la laurea alla Nuova Accademia di Belle Arti di Milano intraprende un percorso professionale nel sistema moda. Il suo interesse per la progettazione di collezioni nel corso degli anni lascia spazio a quello più specificamente teorico. Ciò lo porta alle docenze in storia del costume e a pubblicazioni inerenti alla saggistica di settore: “Madonna, vampira postmoderna” (Edes – Sassari, 2013), “Novecento: il secolo della moda” (Edes – Sassari, 2013), “Il lungo viaggio di una chemise” (Europa Edizioni – Roma, 2014), “Il gioiello nella storia, nella moda e nell’arte” (Europa Edizioni – Roma, 2018) ed infine “Femme fatale. Incanto e crisi della civiltà borghese” (VJ Edizioni – Milano, 2023).

Noemi Murgia @noemiland

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