DIETRO IL CORPO, IL CORPO: ACCENNI SUL CORPOCENTRISMO CONTEMPORANEO

Di Alessandra Corbetta |
Il tema del corpo e il rapporto che le persone hanno con esso è stato a lungo indagato dalle scienze umane;
oggi, i discorsi relativi alla corporalità rivestono un ruolo cruciale all’interno del dibattito socio-antropologico e psicologico, poiché il corpo ha assunto una posizione centrale nelle pratiche quotidiane tout-court, in relazione soprattutto della dicotomia instauratasi tra la nuova cultura del corpo e la progressiva scomparsa della consapevolezza della dimensione interiore dell’uomo, sempre più orientato, in maniera esclusiva, verso la venerazione e il mantenimento della bellezza di superficie.

L’idea che belli sia sinonimo di essere amati e ricercati è un concetto che si è affermato sempre più. ©Photo credit: pexels
La bellezza diventa lo scopo della vita e il piacere esteticamente agli altri,
al di là delle proprie preferenze personali, il fine da raggiungere.
Essere belli significa essere amati e ricercati. Se si è brutti vuol dire essere malati o sofferenti.
I discorsi odierni relativi al corpo passano da questo assunto di base, dall’identificazione in sé riduttiva, tra persona e bellezza; e poiché la bellezza è solo estetica e le forme estetiche si esprimono mediante la corporalità, le basi dell’analisi poggiano sull’uguaglianza fallace persona = corpo.
Occorre ricollocare opportunamente
la dimensione estetico-corporea nello spazio sociale
per potersi sdoganare da una visione body-oriented
quale quella dilagante oggi ma, per farlo,
è necessario mettere in luce i meccanismi
sottesi a questo tipo di convinzione.
Il corpo ha costituzione biologica in primis; ma i suoi attributi biologicamente determinati si intrecciano fin da subito con le dinamiche sociali, sociologiche e culturali di ogni individuo.
È opportuno, quindi, valutare sia l’apparato biologico che quello sociologico, per osservare che tipo di relazione si è instaurata tra i due ambiti, per comprendere il ruolo centrale che la dimensione corporale occupa all’interno della società odierna e per capire le connotazioni di cui il corpo è stato rivestito.
Scrive, infatti, Paola Borgna, docente di Sociologia Generale presso l’università di Torino,«Il corpo non è una forma puramente naturale: esso rappresenta un luogo in cui si inscrivono i rapporti prevalenti di dominio e subordinazione».
A questo proposito si inserisce la riflessione fondamentale, condotta da Judith Butler, circa la distinzione tra genere e sesso, in cui si esplica pienamente l’intersecarsi tra dinamiche biologiche e culturali.

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Il sesso, ovvero la distinzione tra gender presente a livello biologico, rappresenta il livello naturale in cui il corpo si manifesta: è una dimensione naturale in quanto senza valore, simbolicamente neutra.
Il genere, invece, è il significato sociale che il sesso assume all’interno di una determinata cultura.
Genere e sesso non sono in opposizione tra loro, bensì in un rapporto sottoinsiemistico dove il genere ingloba il sesso e lo sostituisce, conferendogli così totale concretizzazione: il corpo acquista valore nel momento in cui acquista carattere sociale (Butler 1996). Si evince quindi che, nel momento in cui il corpo diventa univocamente lo strumento attraverso cui l’individuo esprime e comunica sé stesso, allora l’investimento emotivo e pratico su di esso acquisisce una rilevanza sostanziale nelle pratiche quotidiane.
Il corpo è l’ambito in cui ogni individuo può manifestare, sfruttando tutti gli strumenti a disposizione, la propria presenza e la propria essenza, anche se ciò avviene in maniera individualista e privata. Nell’assenza delle grandi strutture e delle grandi narrazioni della società attuale, il soggetto riversa le proprie incertezze e angosce sull’iniziativa personale di cura e gestione del corpo dove, nell’illusoria libertà di scelta e azione, finisce in realtà per muoversi all’interno di paradigmi culturali e sociali già prefissati che sostengono e alimentano le tacite norme bio-politiche (Bauman 1999).
Quest’ultimo corpo è quello a cui la persona si eguaglia, attribuendogli, dopo averlo privato della mente e dell’anima, il ruolo di soggetto;
è questo corpo che viene continuamente ridefinito e modificato in un crescente fenomeno di estetizzazione; è con questo corpo che gli individui reputano di essersi liberati dagli schemi e dai vincoli sociali.
La liberazione è però, ovviamente, del tutto illusoria; non solo dietro essa si cela il semplice elogio del corpo giovane, pulito, leggero e seducente (Le Breton 2007), ma, soprattutto, l’atteggiamento ossessivo nelle pratiche di gestione ed esposizione del corpo si configura come perseguimento pedissequo di imperativi provvisori e fortemente valorizzati dal capitalismo liberale per il mantenimento delle sue logiche essenziali di consumismo.
L’elevato investimento simbolico esercitato in questi termini sul corpo fa sì che la sua importanza si palesi, quindi, anche laddove questo paia non essere presente: la comunicazione virtuale, che avviene senza la presenza fisica del corpo, lo rende ancora più necessario poiché qui, rispetto a quanto accade nell’interazione tradizionale, la costruzione di realtà e i meccanismi di rappresentazione del sé assumono una rilevanza maggiore (Paccagnella 2000).
Ne sono un esempio i Social Network a componente visuale prevalente
come Facebook o Instagram, dove si assiste
alla manifestazione di un bisogno estremo
di creare immagini del corpo assente e invisibile (Stone 1997)

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poiché qualsiasi relazione umana, indipendentemente da dove avvenga, si lega all’uso e al valore simbolico del corpo (Goffman 1971); i mezzi digitali odierni, infatti, pur modificando i meccanismi di percezione ed esperienza del reale, non rendono meno necessario il corpo (Belting 2013).
È possibile, allora, capire come le teorie di differenziazione sessuale, che scaturiscono dalla valutazione biologica e socio-culturale del corpo, abbiano costituito, nella loro evoluzione storica, il sostrato teorico che ha portato oggi le società occidentali a considerare il corpo come un progetto, continuamente modificabile, cui affidare, in maniera esclusiva, la comunicazione e l’espressione del sé.
Alessandra Corbetta
In copertina: © Photo credit: pixabay
Alessandra Corbetta nasce a Erba il 4 dicembre 1988. Consegue la maturità classica al liceo Alessandro Volta di Como nel luglio 2007 e nel settembre 2010 la laurea triennale in Economia e Amministrazione d’impresa presso l’Università degli Studi dell’Insubria, sede di Como.
Nel settembre 2012 arriva la laurea magistrale in Comunicazione per l’impresa, i Media e le Organizzazioni complesse, con curriculum in Organizzazione di eventi, dopo la discussione della tesi “FACEBOOK E LA FOTOGRAFIA: SCATTI DI IDENTITÀ SU NUOVE RELAZIONI FRAGILI”. Nel periodo post lauream Alessandra si dedica a una serie di corsi formativi con i quali intende migliorare la sua preparazione: accanto a quelli di lingua inglese, frequenta un corso in ICT4DEVIS (Information and communication technology for devis) presso l’Università degli studi dell’Insubria, sede Di Como, un corso di alta formazione in scrittura creativa all’Università Cattolica del Sacro Cuore, sede di Milano e infine, un corso singolo di Sociologia presso l’Università degli Studi dell’Insubria, sede di Varese. Nel settembre 2014 ha frequentato la Summer School in Web Communication per la cultura, presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, sede di Milano. Da febbraio 2017 è Dottore di ricerca in Sociologia della Comunicazione e dei Media, dopo la discussione della tesi dal titolo “TRA RAPPRESENTAZIONE VISUALE DEL CORPO E NARRAZIONE DEL SE’: PRATICHE DI SELF-PRESENTATION E IMMAGINI DEGLI UTENTI DI FACEBOOK”, seguita dal Professor Giovanni Boccia Artieri, presso l’università Carlo Bo di Urbino. A marzo 2017 ha concluso il corso di formazione online in Scrittura Creativa, diretto dalla scuola di Editoria Digitale Flower-ed. A settembre 2017, invece, ha ottenuto il diploma per il Master in Social Media Communication della Sole 24 Ore Business School, Milano con la discussione di un project work di gruppo relativo alla Digital Strategy per il Festival Letteratura di Mantova.
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