D’ANNUNZIO – Connessioni d’oltremanica vol.II

di Emanuela Borgatta Dunnett
Spirito ardente, Gabriele d’Annunzio intrattenne connessioni e rapporti con l’estero, estremamente vari e degli di nota. Analizzando gli aspetti prettamente artistico-letterari e volgendo lo sguardo verso Gran Bretagna ed Irlanda, si noterà che il Vate mutuò molto dalla cultura d’oltremanica, della quale adottò il gusto estetico d’avanguardia, nonché l’impareggiabile preraffaellismo nell’uso di simboli e nella creazione di versi.
Emanuela Borgatta, docente, scrittrice indipendente ed articolista cura un saggio documentato, risultato di un pluriennale lavoro di ricerca in ambito dannunziano. Passando per le scoperte incontrate durante il percorso, l’autrice di “D’Annunzio – Connessioni d’Oltremanica” edito da Ianieri Edizioni (in versione: italiano-inglese), ci guida verso un d’Annunzio inedito: un nuovo viaggio (accessibile a tutti e rivolto sia ai lettori italiani, sia ai lettori anglosassoni) a testimonianza dell’eterna contemporaneità del Poeta.
Il volume è accompagnato dalle introduzioni di Franco Di Tizio e Rebecca Lipkin, nonché da un corollario di interviste a scrittori e curatori; fino ad arrivare ad un incontro con Giordano Bruno Guerri, dedicato al futuro del Vittoriale.

Spirito ardente, Gabriele d’Annunzio intrattenne connessioni e rapporti con l’estero, estremamente vari e degli di nota.
Facile intuire, attraverso le parole del critico Ruskin, la centralità – nel Regno Unito e nella Confraternita – del già citato leader Dante Gabriel Rossetti mentre, in Italia, l’affine cenacolo In Arte Libertas muove i primi passi e si riunisce presso il Caffè Greco di Roma (nevralgico luogo di incontro di artisti ed intellettuali), grazie all’appoggio di personalità quali: lo scrittore Ugo Ojetti, i pittori Nino Costa e Giulio Aristide Sartorio (gli ultimi due, considerati gli artisti di impronta preraffaellita par excellence, fra gli italiani), condividendo con i “colleghi” inglesi il rifiuto verso l’Accademia ed un pensiero ormai volto alla rottura degli schemi convenzionali.
In uno scritto giornalistico del 1883, d’Annunzio – schierandosi con loro – afferma:
“Noi chiediamo ben altro, chiediamo qualche cosa di veramente giovine, qualche cosa di veramente nuovo. Noi siamo stracchi di codesta solidità che è pesantezza, di codesta parità che è freddezza, di codesto realismo che è bruttezza, di codesta fantasia che è esaltazione, di codesta drammaticità che è lentezza.”
In Arte Libertas nasce nel 1886, dalla creazione di una società di stampo secessionista ed antiaccademico, rivelandosi tramite decisivo per la diffusione del preraffaellismo in Italia. La loro prima mostra è un trait d’union con la Confraternita e vede – fra le opere esposte – anche lavori di Rossetti ed Edward Burne-Jones.
Il gusto di d’Annunzio (membro onorario di In Arte Libertas) accoglie primitivismo e medievalismo tipici dei maestri inglesi, reinterpretandoli in chiave estetica e decadente. Tuttavia, il preraffaellismo dannunziano non è pienamente decorativo come spesso è stato sottolineato e come le sue Pagine sull’Arte vorrebbero dare ad intendere. Lo si evince soprattutto dalle due visioni opposte di femminilità che il Vate mutua direttamente dagli schemi rossettiani, con continui “giochi” narrativi in bilico tra la donna angelicata (à la Beata Beatrix) e la femme fatale (à la Lady Lylith), concetto rafforzato dal primo revival preraffaellita in Italia a seguito della morte di Rossetti ed a due esposizioni: quella romana di In Arte Veritas tenutasi nel 1890 e la prima Biennale di Venezia del 1895, che certamente consentì a d’Annunzio di aggiungere tasselli al personale puzzle anglofilo; grazie ai molti gli patrocinanti d’eccellenza: da Millais a Hunt, da Arthur Hughes a G.F. Watts, da Leighton a Michetti.
Occorre puntualizzare, però, che d’Annunzio scopre l’arte di Dante Gabriel Rossetti in un momento successivo rispetto a quella di Alma-Tadema, grazie a Giulio Aristide Sartorio e molte sono le caratteristiche che lo accomunano al pittore londinese (ma di origini vastesi), non solo sul piano artistico-letterario.

Photo Credit https://news-by-ai.com/
Rossetti visse, infatti, in un’abitazione (purtroppo, non conservata) nota per le molte stravaganze che ricordano gli anni del Vittoriale, condividendo con d’Annunzio anche una ritrosia verso gli spostamenti, un amore viscerale per la propria famiglia, nonché una forte indole per l’universo femminile, a discapito di quella che fu l’unica moglie: Elizabeth Siddall, conosciuta ai più come Siddal, poiché Rossetti le consigliò di annullare la doppia, per rendere il suo nome più musicare (facile, in questo senso, il paragone con d’Annunzio, anch’egli sposatosi una sola volta e solito cambiare nome alle proprie compagne).
Il verso e la pennellata rossettiana esaltano d’Annunzio per il loro intrinseco simbolismo ed il loro anti-accademismo, arrivando ad elogiare la rivista preraffaellita The Germ, mirabilmente curata da William Michael Rossetti, fratello di Dante Gabriel.
Il legame tra d’Annunzio e Rossetti accomuna anche quelle che furono le loro maggiori muse: la già citata Siddal – consorte angelicata e più volte ritratta (Maria Hardouin, unica moglie del Poeta), la musa ispiratrice Jane Burden, moglie dell’amico e fondatore dell’Arts & Crafts Movement William Morris (l’attrice Eleonora Duse per d’Annunzio) e Fanny Cornforth, “femmina” prediletta ed una delle modelle preferite del pittore, da confrontare con le molte donne “di passaggio” nella vita del Vate.
Possiamo, quindi, spingerci ad affermare che non avremmo avuto il d’Annunzio che conosciamo, senza una massiccia dose di preraffaellismo rossettiano.
Per la foto in copertina Photo Credit Wikipedia
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