Città d’ombra. Nella penna di André Aciman.

Di Francesca Iervasi |
Sicuramente tutti conoscono il film Call me by your name (Chiamami col tuo nome) del regista italiano Luca Guadagnino, il capolavoro cinematografico che fra il 2017 e il 2019 ha meritatamente collezionato un gran numero di nomination e premi, tra cui l’Oscar e il David di Donatello per migliore sceneggiatura adattata. Infatti, Call me by your name è un adattamento dell’omonimo romanzo del 2007 dello scrittore egiziano André Aciman (pubblicato in Italia da Guanda); dall’uscita del film, il romanzo ha avuto un’impennata di vendite diventando un vero e proprio best seller. A ottobre dello scorso anno è uscito nelle librerie il secondo capitolo, Cercami che in pochi giorni ha scalato le vette delle classifiche dei libri più venduti.

Chiamami col tuo nome di Luca Guadagnino. Fonte: optimagazine.com
Il delicato amore fra Elio e Oliver ha fatto appassionare molti lettori rendendo impegnativo il distacco dalla penna del maestro della nostalgia e spingendone un’ampia fetta a leggere le altre opere della bibliografia di Aciman.
Pare che il meno fortunato sia – ahimè – Città d’ombra (Guanda, 2013), una sorta di zibaldone dell’autore. Se non avete mai letto nulla di Aciman e avete intenzione di acquistare uno dei suoi libri, o se sulla vostra libreria ce n’è almeno uno, questo articolo è per voi.

Città d’ombra, André Aciman, Photo Credit: Francesca Iervasi
Città d’ombra, pubblicato da Guanda nel 2013, è una collezione di diciannove saggi provenienti da due diverse raccolte, False papers del 2000 e Alibis. Essay on elsewhere del 2011. Il titolo dell’edizione italiana riprende quello di uno dei saggi, Shadow City. Solitamente, in inglese, con l’espressione città d’ombra s’intende un’area di una città, spesso una baraccopoli, in cui vivono persone che si sono trasferite lì per motivi di lavoro[1]. Una sintesi perfetta di quella che è la vita e la memoria di Aciman: l’autore, ebreo-sefardita di origini turche, nato ad Alessandria d’Egitto, viene espulso insieme alla sua famiglia durante la persecuzione promossa dal governo nazionalista di Nasser negli anni ‘60; dal ‘65 al ‘68 – prima di trasferirsi definitivamente negli Stati Uniti – vive tra Roma (con sua madre e suo fratello) e Parigi (dove suo padre si stabilisce per lavoro). Da bambino è fermamente convinto di essere francese e durante la sua permanenza in Europa sogna Île-de-France come una terra promessa; com’egli stesso racconta anche nel memoir del 1994 Ultima notte ad Alessandria (Guanda, 2003), la scoperta delle sue reali origini inferisce un duro colpo, riscontrabile in molte delle sue indimenticabili pagine. Per questo motivo Aciman si sente un eterno esule, il suo corpo subisce una incontrollabile forza di attrazione verso la città d’ombra, vive in una bicocca in cui gli unici preziosi sono i ricordi:
Un esule non è solo una persona che ha perso la propria casa; è una persona che non riesce a trovarne un’altra, che non riesce a pensarne un’altra. Qualcuno addirittura non sa più cosa significhi la parola «casa». Si reinventa il concetto con quello che ha a disposizione, proprio come si reinventa l’amore con ciò che ogni volta rimane di esso. Qualcuno porta l’esilio dentro di sé, come lo porta sopra di sé ovunque vada. […] Nella scomparsa delle piccole cose vedo segnali della mia dislocazione, della mia transitorietà. Un esule interpreta il cambiamento come interpreta il tempo, la memoria, se stesso, l’amore, la paura, la bellezza: nell’ottica di una perdita[2].
Tutti i luoghi in cui Aciman vive o soggiorna sono città d’ombra, e in ciascuna di esse l’autore sceglie di ambientare le sue storie. Ed ecco che fra le pagine del suo elegantissimo brogliaccio compaiono lo Straus Park e la New York di Notti bianche e Variazioni su un tema originale; la Alessandria d’Egitto e la Venezia di Ultima notte ad Alessandria; la tanto sognata, amata e odiata Parigi di Kalashnikov, protagonista di Harvard Square. Soprattutto, la Bordighera e la riviera ligure di Chiamami col tuo nome.
La scrittura di Aciman è ammaliante, squisitamente delicata, apollinea; in Città d’ombra – più che nei romanzi – la magia della sua penna sta nel riuscire a rievocare i colori e i profumi delle città che ricostruisce come un dionisiaco diorama fatto di ricordi.
Tra i capitoli/saggi più coinvolgenti – specialmente per chi ha lasciato il cuore nell’insenatura calma e silenziosa di Elio Perlman – c’è Il mio momento Monet: piacevolmente tormentato da tre quadri di Monet – tutti raffiguranti una stessa villa di Bordighera – non appena si presenta l’occasione di un viaggio di lavoro in Italia, Aciman ne approfitta per visitare quello che De Amicis ha ribattezzato il Paradiso degli inglesi. La disperata e filologica ricerca dei luoghi dipinti dal padre dell’Impressionismo francese diventa un pretesto per descrivere minuziosamente la città.
Sono venuto a Bordighera per Monet, non per Bordighera, proprio come chi va a Nizza per vedere cosa vedeva Matisse, o ad Arles e a Saint-Rémy per vedere il mondo con gli occhi di van Gogh. Io ci sono venuto per una cosa che non esiste, lo so. Perché di rado gli artisti ci insegnano a vedere meglio. Piuttosto, ci insegnano a vedere cose diverse da quelle che ci sono da vedere. Io voglio vedere Bordighera con gli occhi di Monet. Voglio vedere sia quello che mi sta davanti sia quello che non c’era ma che lui ha visto, e aleggia nei suoi dipinti come il fantasma di un paesaggio dimenticato[3].
Nell’arte non si vede, si riconosce. É lo stesso Aciman a scriverlo; ed è proprio nella narrazione della sua ricerca ligure che si riconoscono le librerie, le scogliere, le spiagge e le ville delle città anonime di Chiamami col tuo nome; questa volta, però, a parlare non sono i desideri intimi del giovane Elio, ma i pensieri dell’esule. Per chi conosce il best seller, leggere queste pagine suscita le più intense emozioni; per chi non ha ancora avuto la fortuna di commuoversi leggendo le parole di Samuel Perlman, questa potrebbe essere l’occasione per passeggiare – seppur nella propria fantasia – all’ombra delle palme di Villa Garnier.
[1] https://dictionary.cambridge.org/it/dizionario/inglese/shadow-city
[2]A. Aciman, Città d’ombra, Milano, Guanda, 2013, p.177.
[3] A. Aciman, Città d’ombra, Milano, Guanda, 2013, p. 55.
Francesca Iervasi (@franewcastlecastelloni) comasca classe 1993 e pugliese d’adozione. Un amore spassionato per le pagine dei libri – dai più polverosi a quelli freschi di stampa – e per la scrittura.
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